Fonte: : https://www.dgt.mef.gov.it/gt
La legge del 31 agosto 2022, n. 130, riformulando l’art. 7, 4° comma, del
D.lgs. n. 546 del 1992, ha così introdotto espressamente la prova testimoniale nel rito tributario, seppure, come anticipato, nella forma scritta.
La disposizione citata prevede che la prova testimoniale possa essere
ammessa, “con le forme di cui all’art. 257-bis del codice di procedura civile”,
dalla Corte di Giustizia Tributaria “ove lo ritenga necessario ai fini della
decisione”. La norma, inoltre, specifica nel secondo periodo che “nei casi in cui la pretesa tributaria sia fondata su verbali o altri atti facenti fede fino a querela di falso, la prova è ammessa soltanto su circostanze di fatto diverse da quelle attestate dal pubblico ufficiale”. Ai fini dell’ammissione, la parte
processuale interessata (generalmente il contribuente, anche se la norma non
esclude a priori l’impulso da parte dell’Amministrazione) chiede al giudice
che un terzo soggetto, estraneo alle parti, rilasci una dichiarazione sui fatti di
causa, anche senza il consenso della controparte processuale.
Affinché la testimonianza scritta sia ritenuta ammissibile, è necessario che vengano rispettate il procedimento e le formalità individuate dalla norma processuale tributaria e processuale civilistica. Innanzitutto, come rileva la Corte di giustizia tributaria di Pistoia (n. 77/2023), è onere della parte che chiede l’assunzione della prova testimoniale di procedere alla precisazione delle ragioni che giustificano la necessarietà della stessa. Si deve dunque trattare di una richiesta circostanziata, in cui la parte dovrà dimostrare la ragione per cui è necessario ai fini della composizione della controversia che il testimone risponda a specifici quesiti. Il giudice tributario dovrà così valutare con un giudizio prognostico se l’apporto istruttorio della testimonianza possa essere “necessario” per la decisione del contenzioso.
Anche per la collocazione sistematica all’interno della norma dedicata ai
“poteri delle corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado”, è pacifico, infatti, che l’ammissione della prova testimoniale è rimessa alla esclusiva discrezione del giudice, che può ritenerla superflua quindi negarla, così come può ammetterla solo in riferimento a una parte dei quesiti posti al testimone. L’assunzione della testimonianza, una volta ammessa dal giudice con ordinanza, segue la procedura dell’art. 257-bis c.p.c., in quanto compatibile. Alla luce del rinvio alla normativa processualcivilistica, alcune delle sentenze emesse da parte delle Corti di giustizia tributaria hanno dichiarato non ammissibile in giudizio la prova testimoniale richiesta in violazione del dettato normativo.
Nel caso in cui la prova testimoniale venga ammessa la procedura prevede che: la Corte di giustizia tributaria incarica la parte che ne ha fatto richiesta di notificare alla persona che deve rendere la dichiarazione testimoniale l’ordinanza collegiale di ammissione e il modello ministeriale per la raccolta delle dichiarazioni. Il testimone è, quindi, tenuto a indicare le proprie generalità e a rispondere alle domande poste dal Collegio in forma scritta. Il modello riporterà, inoltre, la sua firma autenticata e dovrà, quindi, essere
riconsegnato alla segreteria della Corte di giustizia tributaria o, qualora non sia possibile, trasmesso tramite plico raccomandato.
Inoltre, per completare la già avanzata digitalizzazione del processo tributario, il legislatore delegato ha previsto espressamente la possibilità di
raccogliere la prova testimoniale scritta, oltre che con le tradizionali forme
analogiche, anche con modalità digitali. Nello specifico, è stabilito che, in deroga all’articolo 103-bis disp. att. cod. proc. civ., il testimone munito di firma digitale può rendere la testimonianza sul modulo che verrà adottato, apponendo una firma digitale che sia dotata dei requisiti prescritti dall’articolo 24, D.lgs. 82/2005 (c.d. Codice dell’amministrazione
digitale), senza necessità di ulteriore autenticazione.
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